martedì 26 maggio 2015

Di Lost e di Wayward Pines, di libri e di nuove serie TV.


La mia avventura a Wayward Pines inizia un venerdì sera qualunque, trascorso sul divano a causa della pioggia che sembra più determinata che mai a rovinarmi ogni weekend. Il mio arrivo a Wayward Pines è casuale. Muovo qualche passo oltre il cartello che mi dà il Benvenuto in città e resto titubante e perplessa. Cosa mi abbia spinta a selezionare proprio lei, fra tutte le serie TV che Sky on demand mi presentava davanti, non lo so. Forse la noia, probabilmente la voglia di scovare qualcosa di nuovo e interessante. Mi sono approcciata a questo telefilm senza aspettative, senza conoscerne la storia, il cast, i produttori... situazione abbastanza insolita per me che, preda di una piccola mania, devo sempre essere informata su ciò che mi appresto a leggere o a guardare.
Wayward Pines comincia nel miglior modo possibile: un uomo è steso a terra, apre gli occhi e pian piano si solleva, per osservare il posto in cui si trova. Una scena che mi ricorda immediatamente Lost - complice anche il recente rewatch della serie - e che fa nascere in me delle aspettative. Aspettative di ritrovare a Wayward Pines un po' dell'isola che ho dovuto lasciare 5 anni fa, di incontrare dei personaggi altrettanto complicati e interessanti, ma soprattutto di lasciarmi ancora una volta rapire totalmente da una storia fuori dall'ordinario. Di ordinario infatti a Wayward Pines c'è ben poco, a partire dal suo protagonista: Ethan Burke, agente segreto che si ritrova incosciente fra le strade di questa città. Interpretato da un ancora affascinante Matt Dillon, l'agente Burke sta seguendo la pista che forse lo porterà a trovare due colleghi dei quali si sono perse le tracce da una decina di giorni, quando una serie di coincidenze abbastanza sospette lo portano a Wayward Pines, città dalla quale sembra impossibile uscire. Ethan non riesce a comunicare con la sua famiglia nè con il suo responsabile, non riesce ad uscire da questa strana città e sembra che nessuno sia disposto a dargli spiegazioni in merito. Nessuno ad eccezione di Beverly, barista del pub locale, che sembra con le sue parole, accendere in Ethan quel barlume di sospetto necessario a fargli capire che la situazione in cui si trova non è dovuta ad una serie di coincidenze.
Il primo episodio di Wayward Pines mi ha lasciata dubbiosa. Mi è piaciuto? Non lo so. Credo di sì, ma qualcosa non convince pienamente.
La storia riesce comunque a coinvolgermi e sembra abbastanza incasinata da fare al caso mio. Così inizio subito a cercare la trilogia da cui è tratta e scopro che la Sperling & Kupfer l'ha recentemente pubblicata interamente. Che altro aggiungere se non che Domenica mattina stringevo fra le mani la mia copia di "Wayward Pines - I Misteri", scritta da Blake Crouch? E prima di addormentarmi, la stessa sera, posavo il romanzo sul comodino, ripensando alla storia che avevo appena terminato di leggere. Strana, stranissima. Popolata da personaggi misteriosi e un po' freddi, che non sono riuscita ad inquadrare fino alla fine, quando il grande mistero viene svelato. Blake Crouch, abile tessitore di trame, dà ai suoi lettori delle risposte, cosa che ho apprezzato infinitamente. Il romanzo si conclude lasciando qualche domanda in sospeso, ma il fulcro della storia ci viene spiegato. Questo non serve a placare la mia curiosità, infatti più mi addentro a Wayward Pines, più vorrei essere una dei suoi abitanti. Ora capisco come mai il primo episodio della serie TV non mi avesse convinta pienamente: a causa di un protagonista che cammina di qua e di là senza una meta precisa, troppo vittima degli eventi. Però Wayward Pines ti mette la pulce nell'orecchio, vuoi sapere come mai la gente non invecchia, come mai alcune persone credono di essere nel 1986, altre nel 2014 e soprattutto vuoi sapere in che anno stanno vivendo questi cittadini un po' paranoici ed eccessivamente sorridenti. Vuoi sapere perchè "non ci sono grilli a Wayward Pines" e vuoi scoprire chi è che tira i fili in questa città.
Volete un consiglio spassionato? Date un'opportunità a questa serie - o ancora meglio, ai libri di Crouch - non ve ne pentirete, specialmente quando terminerete la visione del secondo episodio e vi ritroverete a sussurrare a voi stessi "... e adesso?".
 

giovedì 30 aprile 2015

Commento: Four, di Veronica Roth

Devo ammetterlo: non avrei mai letto Four, se non avessi questa grande e imbarazzante crush per Tobias! Non per qualche motivo in particolare, semplicemente non pensavo che questo libro, essendo una raccolta di racconti che non aggiunge nulla di fondamentale alla trilogia, potesse coinvolgermi. Fortunatamente però, durante uno dei miei giri in biblioteca, l'ho trovato e non sono proprio riuscita a non portarlo a casa con me!

"Devo continuare a cercarne di più, più di quei brevi momenti di libertà in un mondo che si rifiuta di permetterceli."

Four è una raccolta di 4 racconti, nate dalla mente geniale (e sadica!) di Veronica Roth, che ci permette di conoscere meglio Tobias Eaton, il nostro Quattro della trilogia di Divergent. Nella prima novella, "Trasfazione", ci viene narrato il periodo antecedente alla scelta di Tobias e il suo arrivo - meno semplice di quanto mi aspettassi - negli Intrepidi. In "Iniziato" (il mio racconto preferito), possiamo accompagnarlo lungo il percorso di iniziazione, mentre in "Figlio" ha inizio la sua vita come Intrepido a tutti gli effetti. L'ultimo racconto è "Traditore", qui ci possiamo immergere nuovamente in una parte della storia già letta in Divergent, stavolta però narrata dal punto di vista di Quattro.
Come piccolo extra, la Roth ha inserito alla fine del romanzo tre scene di Divergent raccontate da Quattro. Personalmente le ho apprezzate molto, nonostante la loro brevità, perchè descrivono l'inizio del rapporto fra lui e Tris, riusciamo così a rivivere alcuni dei momenti chiave della loro storia e a comprenderne l'intensità e l'importanza.

"Lei sorride e io, per la prima volta, mi domando se le piaccio. Se riesce a sorridermi anche quando sono in questo stato... be’, forse sì. Una cosa la so: per aiutarmi a dimenticare quanto è orribile il mondo, preferisco lei all’alcol."

Four non è un libro indispensabile, non aggiunge nient'altro alla trilogia che noi non sapessimo già. Sicuramente però è necessario per chi, come me, sente la mancanza del mondo e dei personaggi creati dalla Roth. Ritrovare Quattro e Tris è stato bello, mi ha ricordato perchè fossi così innamorata di questa trilogia (e di Quattro!).

"Ma il punto non è diventare senza paure. Quello è impossibile. Imparare a controllare la tua paura, a liberarti da essa, quello è il punto."



domenica 26 aprile 2015

Recensione: Dieci piccoli respiri, di K.A. Tucker - #LibriCheHoOdiato



Buona domenica lettori!
Oggi vi propongo la recensione di un romanzo che ho terminato da poco e che... mi ha delusa molto!
Il libro incriminato è "Dieci piccoli respiri", di K.A. Tucker, di cui molti tessevano le lodi. Mi dispiace ammettere che a me non è assolutamente piaciuto, speravo si rivelasse un romanzo emozionante e coinvolgente, ma purtroppo è riuscito solo ad innervosirmi.
Cercherò di non fare spoiler, ma se non lo avete ancora letto e vorreste farlo, vi sconsiglio la lettura della mia recensione, perchè rivela alcuni dettagli della storia (seppur minimi). 
 
K.A. Tucker
Dieci piccoli respiri
Pagine 288 - 9,90 €
Newton Compton Editore
Trama: Kacey Clearly aveva solo vent’anni quando la sua vita è andata in pezzi. Un terribile incidente automobilistico le ha portato via i suoi genitori, il suo fidanzato e la sua migliore amica. Ora, dopo quattro anni trascorsi a casa degli zii nel Michigan, Kacey decide di fuggire via per sempre. Una notte lei e sua sorella Levie prendono un autobus per Miami e lì, nonostante le difficoltà economiche, possono finalmente ricominciare a progettare una nuova vita. Kacey però non è ancora pronta a lasciarsi alle spalle il passato e stringere nuove amicizie, neppure se a chiederglielo è l’affascinante vicino, Trent Emerson, un enigmatico ragazzo dagli ipnotici occhi blu. Eppure Trent è deciso a far breccia nel suo cuore, e presto Kacey dovrà smettere di stare chiusa a riccio e arrendersi al suo amore...
GIUDIZIO:
 
 

COMMENTO:

Ho cominciato questo romanzo con grandi, grandissime aspettative. Tra aNobii, Goodreads e blog letterari leggevo (quasi) solo belle recensioni e commenti entusiasti, così mi sono decisa ad inziarlo. Non solo speravo che mi piacesse, ne ero anche sicura! Gli elementi necessari a farmi emozionare e a tenermi incollata alle pagine c'erano tutti: a partire dall'importanza dei temi trattati - disturbo post traumatico da stress e guida in stato d'ebrezza - alla storia d'amore che vari lettori hanno definito "epica". Onestamente, Dieci piccoli respiri è stato non solo una grossa delusione, ma anche un romanzo che mi ha fatta arrabbiare moltissimo.

La mia irritazione deriva dal fatto che questo romanzo prometteva davvero, davvero bene! Gli ingredienti per creare un buon libro c'erano, ma l'autrice ha rovinato tutto volendo a tutti i costi trovare un fidanzato per la sua protagonista, Kacey, che si trova a dover affrontare problemi ben più grossi (e, a parer mio, anche più interessanti).
A un certo punto della narrazione i problemi di Kacey diventano secondari e la priorità viene data alla sua storia d'amore col vicino di casa, Trent, del quale oltretutto si innamora precocemente, senza nemmeno avergli parlato per più di due minuti. Ma è ovvio, no? Una ragazza che soffre di DPTS, al punto da non riuscire a stringere la mano a nessuno, incontra un bel figo in lavanderia e se ne innamora perdutamente. Credibilissimo!

La seconda metà del romanzo poi prende una piega assolutamente inverosimile e le ultime pagine sono fra le più ridicole che io abbia mai letto. Ad essere onesta, c'è stato un momento, a una cinquantina di pagine circa dalla fine, in cui mi stavo ricredendo su Dieci piccoli respiri: sembrava che ogni cosa avesse un senso, finalmente. Iniziavo a pensare che Trent e il suo rapporto con Kacey fossero stati costruiti ad arte, per trasmettere al lettore un messaggio serio ed importante. E invece no! La Tucker prontamente rovina tutto un'altra volta. Ci propina un lieto fine non solo forzato e surreale, ma anche arrangiato in una manciata di pagine.
Non ho apprezzato le scelte dell'autrice. Finchè si parlava di perdono ero entusiasta all'dea che il romanzo terminasse in quel modo, poi però la vicenda ha preso una piega banale, scontata e irreale. Non solo la storia di Kacey ha, secondo me, perso significato, ma il romanzo nella sua totalità si è rivelato superficiale.

Forse sono io che ho dei problemi con questo genere di romanzi, mi rendo conto che finisco sempre per lamentarmi dei protagonisti e della trama inconsistente o, come in questo caso, sviluppata male. Mi piacerebbe però, per una volta, trovare un libro in cui l'happy ending finale non coincida necessariamente con la conquista da parte della protagonista del bel ragazzo di turno (specialmente se questo è uno stalker).